L'idea di questo blog nasce mentre ero ancora in giro per la Namibia con i miei compagni d'avventura. Avevamo tutto quello che ci occorreva: le foto, un diario di viaggio e la voglia di raccontare un'esperienza fantastica.

Tappa Nr. 9: Opuwo

13 agosto 2007

Partiamo in direzione Opuwo per incontrare una guida che ci porterà a visitare un villaggio Himba. viaggio tranquillo, facciamo la prima sosta dopo 200 Km. Giunti a Palmawg la strada è sbarrata da un cancello. E' accaduto altre volte, durante il nostro viaggio, di incontrare dei cancelli lungo la strada. In genere servivano per delimitare proprietà private dove era però possibile transitare con il proprio mezzo. Il cancello era solo appoggiato ed era sufficente aprirlo per poter passare. Naturalmente il cancello andava sempre richiuso dopo il passaggio. Questa volta il cancello delimitava l'ingresso di una riserva faunistica. Tre ragazzi aspettavano l'arrivo di un mezzo per poter vendere una sorta di portachiavi realizzato intarsiando uno strano frutto particolarmente duro ma leggero. Su questo frutto (poco più grande di una noce) vengono intarsiati disegni raffiugranti animali come giraffe, zebre, elefanti ed in più ci incidono anche il tuo nome. Devo dire che qui i ragazzi sono stati particolarmente tediosi anche se l'oggetto che vendono è un ottima idea regalo da portare a casa (credo che sia un oggetto più unico che raro dalle nostre parti). In più c'è da dire che buona parte di questo prodotto artigianale è realizzato da giovani disoccupati che al nord della Namibia sono numerosi. Soltanto dopo l'acquisto è saltato fuori il guardiano e ci ha aperto il cancello. Arriviamo ad Opwuo. La città mi ricorda Mogadiscio quando la si vede al telegiornale per commentare la solita guerra tra insorti e truppe governative. La città non ha niente a che vedere con quelle viste fino ad ora, in particolare Swakopmund e Windhoek. Qui la povertà si vede, ma in un certo senso la potrei definire dignitosa. Quando abbiamo iniziato a fare quattro passi in giro per le strade temevo per la mia macchina fotografica e per i soldi che mi ero portato dietro. In realtà, a parte quattro ragazzini che hanno dato un'occhiata preoccupante alla macchina fotografica di Alberto (questo ti può capitare anche dalle nostre parti), la città era sicura e la gente era cordiale, ti salutavano anche quando ti incontravano sul marciapiede. Passeggiando per le vie si vedono le donne Himba che attraversano la strada seminude oppure donne Herrero con i loro sgargianti vestiti. La cosa più bizzarra è entrare in un supermercato ad Opuwo. La modernita e la tradizione convivono l'una accanto all'altra apparentemente senza problemi. Arrivato alla cassa (con lettore ottico per il codice a barre e display multicolore a cristalli liquidi) c'erano davanti a me due persone. La prima era un uomo di colore in giacca e cravatta e una ventiquattr'ore in mano. La seconda era una donna Himba scalza e seminuda con in braccio un bambino. La scena faceva quasi tenerezza. Tradizione e modernità, riti tribali e tecnologia. Sembrava impossibile ma in quel momento i due mondi vivevano l'uno accanto all'altro senza creare apparenti fratture o contrasti. L'immagine è ancora chiara nella mia mente, come un'istantanea. Credo che solo in pochi paesi al mondo sia possibile vedere cose del genere. C'è solo da sperare che duri.

14 agosto 2007

Alla mattina si parte per la nostra escursione al villagio Himba. A farci da guida sarà una donna del posto che si fa chiamare Queen Elizabeth. Elizabeth è una Himba ma che non vive più nel suo villaggio da quando ha sposato (più di vent'anni fa) suo marito, un uomo della tribù Herrero. Quando è nata ad Elizabeth fu dato un nome Himba. In seguito venne battezzata con il nome Elizabeth. Sembra che l'appellativo 'Queen' gli sia stato dato da una coppia di inglesi. Ci diamo appuntamento davanti al supermercato 'OK' di Opuwo. Elisabeth è un donnone che supera abbondantemente i cento chili. Si presenta con un cesto pieno di chincaglierie da vendere ai turisti. Per prima cosa si va al supermercato per comprare un po' di cose da portare al villaggio. Gli acquisti da fare ci vengono consigliati da Elisabeth: farina, tabacco e pane. Accompagnamo il figlio di Elisabeth a scuola e andiamo al villaggio. il posto si trova poco più di una ventina di chilometri da Opuwo ed è il villaggio dove è nata Elisabeth. Il posto è abitato da sole donne che si fanno vedere poco per volta. La sensazione che ci stavano aspettando e che buona parte di questi villaggio vivono sulle visite dei turisti è forte. Nonostante questo la visita è interessante. Le capanne sono realizzate con fango e sterco di vacca. Al loro interno c'è fresco e sicuramente rappresentano un valido riparo sia per il caldo dell'estate sia per il modesto freddo che c'è al nord della Namibia durante i mesi invernali. Facciamo conoscenza della sorella di Elisabeth che ci mostra come viene fatta la crema che donne Himba si cospargono sulla pelle. La crema è ottenuta impastando polvere di ocra e burro, non è unta e una volta spalmata sulla belle dona un colore rosso alla propria epidermide. Un'altra particolarità delle donne Himba è quella di non lavarsi ma di profumarsi con una sorta di incenso i cui fumi vengono utilizzati per profumare la pelle. Alla fine del nostro giro abbiamo acquistato alcuni manufatti. In buona parte sono collane, braccialetti e pendagli tutti impregnati della loro pasta a base di ocra e burro. Certo, forse qualcuno si potrebbe aspettare qualcosa di più originale che un tour guidato con acquisti finali. Il fatto è che, giustamente, anche gli Himba si sono fatti furbi e cercano di guadagnare qualcosa dal turismo. Tra l'altro l'acquisto dei loro manufatti ha due lati positivi. Oltre a dare i soldi direttamente nelle mani di chi ne ha bisogno si portano a casa manufatti originali dell'Africa che sono un regalo davvero unico, praticamente introvabile dalle nostre parti. E poi si incentiva lo spirito della privata imprenditoria anche tra le tribù più povere evitando così di cadere nell'errore dell'assistenzialismo o della carità. Terminato il nostro giro ci chiedono di accompagnare alcune donne con un neonato ad Opuwo. Le carichiamo sul cassone e ce ne torniamo in città. Una volta arrivati gli chiediamo dove dobbiamo lasciarle. Loro ci dicono che va bene lasciarle davanti al solito supermercato. Informandoci meglio su dove devono andare scopriamo che il bambino è nato prematuro, sta male e devono andare all'ospedale. Decidiamo allora di portarle direttamente all'ospedale dove le lasciamo alle cure dei medici. Ci ringraziano, noi salutiamo e riportiamo Queen Elizabeth sulla via principale di Opuwo. Qui incontriamo una donna Herrero. Gianni vuole fargli una foto ma ci vogliono dieci dollari namibiani (un euro). I soldi non li abbiamo, avevamo terminato i tagli da dieci dollari (spesi al villaggio) rimanendo solo con tagli grossi da cento dollari, impossibile chiedere il resto, allora Elizabeth paga lei i dieci dollari alla donna Herrero. Facciamo la nostra foto.
Torniamo al lodge anche questa giornata è giunta al termine.

Tappa Nr. 8: Twyfelfontain

11 agosto 2007

Partiamo da Swakopmund in direzione nord per arrivare a Twyfelfontain. Durante il viaggio incontriamo delle bancarelle improvvisate di un gruppo di Herrero. Ci fermiamo a fare degli acquisti: collanine e pietre. Credo che il modo migliore per portarsi a casa dei ricordi dalla Namibia sia proprio quello di comperare oggetti direttamente dalle tribù locali, si risparmia e ci guadagna chi ne ha più bisogno. Arrivati a Twyfelfontain andiamo a visitare la Burn Mountain e la Petrified Forest. I posti sono per veri appassionati di geologia, il turista medio potrebbe rimanere deluso da questi luoghi senza un minimo di passione per le scienze. La Burn Mountain è un luogo desolato, una montagnetta bruciata, nera come il carbone, antica eredità di quella che milioni di anni addietro fu una zona vulcanica. Qui abbiamo visto la fantomatica pianta che vive anche fino a mille anni. Alcune storie raccontano che basta dargli un po' d'acqua per vederla fiorire. Gente del posto ci ha assicurato che la storia è tutta inventata, la pianta fiorisce (come tutte le piante) quando arriva la stagione della fioritura. Ci siamo poi diretti a alla Petrified Forest. Lungo la strada abbiamo trovato diversi cartelli scritti a mano che indicavano Petrified Forest, in realtà sono abili azioni di marketing, sono delle bancarelle improvvisate che si spacciano per la mirabolante Petrified Forest. Arrivati alla vera Petrified Forest paghiamo l'ingersso per entrare nel parco. La visita la si può effettuare solo con una guida. In effetti i tronchi pietrificati riversi sul terreno sono un'occasione tropppo ghiotta per qualche vandalo o per qualche turista distratto. Anche questo posto può essere apprezzato veramente da chi è appassionato di geologia. La foresta pietrificata ha avuto inizio con una immensa innondazione che ha portato un gran numero di alberi da quello che oggi è il Sudafrica fino in Namibia. Li le piante si sono pietrificate dando origine ad un fenomeno più unico che raro se si pensa al gran numero di alberi pietrificati e al fatto che molti arbusti sono ancora pressochè interi.

Si fa sera e andiamo al lodge. Alloggiamo Al Twyfelfontain Country Lodge. Il posto è molto bello, sembra il Kulala Country Lodge ma se la 'tirano' di meno. I lodge sono grandi, spaziosi e immersi nella natura. C'è tempo per fare il bucato, il sole e il clima asciutto sono adatti per asciugare i panni, tra l'altro c'è una piccola veranda davanti agli appartamenti, comoda per stendere i panni. Andiamo a mangiare. I vialetti che dai lodge portano al ristorante sono abbastanza illuminati, noi comunque le torce ce le portiamo dietro. La cena è davvero deliziosa. A parte le bevande, per le pietanze ci si serve a buffet e praticamente si può mangiare senza limiti. Con grande sorpresa devo constatare che una parte del personale parla italiano. Probabilmente Twyfelfontain è una zona molto battuta dai nostri connazionali. La cena è superba, anche per la varietà dei piatti. Oltre al solito orice, springbok e kudu, per la prima volta ho mangiato il coccodrillo. Non male anche se, confrontato con l'orice, risulta un po' meno saporito. Comunque ci si può sempre rifare con i dolci che ve ne sono in abbondanza. Quasi sul finire della cena il personale (tutto di colore) si esibisce in canti e danze africane. I loro canti ricordano i Gospel degli afroamericani ed è davvero gradevole sapere che anche tra i giovani namibiani certe tradizioni canore continuano a sopravvivere. Fanno girare un piccolo cestino per un offerta da fare al personale che si è esibito. Pochi dollari namibiani per noi valgono poco ma per loro possono valere molto. Gli diamo qualche dollaro, altri tavoli fanno finta di niente e non danno nulla, comunque a fine serata la brava gente che ha dato qualcosa è senz'altro di più Si va a dormire e le stanze sono un po' buie, la luce è fioca e Gianni ha qualche problema a scrivere il suo diario di viaggio.

12 agosto 2007

Facciamo colazione e andiamo a visitare le incisioni rupestri, la grande attrazione di Twyfelfontain. Per entrare bisogna pagare e ci si muove accompagnati da una guida (come alla Petrified Forest). L'escursione è interessante, a tratti il percorso è un po' impegnativo ed è bene essere muniti di scarpe da trekking e non avere problemi di deambulazione. In alternativa si può scegliere un percorso meno impegnativo ma sensibilmente meno interessante. Le incisioni rupestri di Twyfelfontain sono ancora in parte avvolte nel mistero. Non si sa di preciso chi le abbia eseguite anche se, molto probabilmente, furono eseguite da cacciatori in quanto non vengono rappresentati animali domestici.
Nel pomeriggio, con un tour organizzato dal lodge, partiamo per un safari fotografico alla ricerca dell'elefante del deserto. Il mezzo è una sorta di camion con quattro ruote motrice che si è addentrato in posti impossbili da raggiungere per noi turisti. Dopo un po' di ricerca alla fine abbiamo trovato un gruppo di una quindicina di elefanti. Molto emozionante anche perchè è stato il nostro primo incontro con questi pachidermi. Sulla via del ritorno c'è stato il tempo per ammirare il tramonto. Dopo il tramonto il freddo si fa ancora sentire e Gianni, che non si era portato con sè la felpa ha patito del gran freddo.

Tappa Nr. 7: Swakopmund

9 agosto 2007

Partiamno da Sossuslvei in direzione Swakopmund verso mezzogiorno. Ci attende una tappa di 384 chilometri ed è meglio arrivare in città prima del tramonto. Io e Alberto ci alterniamo alla guida. Durante il mio turno cerco di andare un po' veloce onde evitare di trovarmi tra il deserto e la savana dopo il tramonto. Il percorso prevede l'attraversamento di due passi: il Gaub e poi di seguito il Kuiseb. Entrambi i passi mi costringono ad andare molto lentamente. La strada è dissestata e non esistono guardrail, e il tempo passa. Vedo il sole che incomincia a tramontare e, appena superati i due passi, incomincio a dare gas. La strada che va dal Kuiseb Pass a Walvis Bay è rettilinia, sembra non finire mai e, nonostante sia in terra battuta, invoglia a correre. Faccio alcuni tratti anche a 140 km/h. Alberto mi consiglia di moderare la velocità ma molto spesso raggiungo comunque i 120 km/h. Questo è un tratto di strada molto pericoloso e che trae in inganno. Molti turisti vedono la strada dritta e tendono a correre. Bisonga ricordarsi che la strada è comunque in terra battuta e non è raro incappare in buche o tratti dissestati. Al nostro ritorno a Windhoek (prima di tornare in Italia) abbiamo appreso che quattro spagnoli si sono ribaltati con la loro auto proprio nello stesso tratto di strada dove anch'io sono andato particolarmente veloce. Gli spagnoli hanno dato la colpa alla velocità sostenuta a cui stavano andando. Purtroppo due di loro erano particolarmente gravi ed erano stati trasferiti a Cape Town, in Sudafrica. Oggi mi rendo conto che siamo stati fortunati, forse è meglio affrontare una strda in Namibia dopo il tramonto che a 140 km/h in pieno giorno. Durante il tragitto ci imbattiamo in una colonia di babbuini. Ci fermiamo e facciamo un po' di foto. E' ormai il tramonto quando arriviamo a Walvis Bay ma da quel punto in avanti la strada per Swakopmund è asfaltata ed è ben tenuta per cui mi rilasso e mantengo un'andatura più tranquilla. Arriviamo all'Hotel à la Mer, alle 18:30. Per il giorno seguente Luana vuole andare a fare un'escursione guidata per vedere le foche. Lei ed Alberto prenotano l'escursione mentre io e Gianni optiamo per una giornata intera da dedicare alla città. Intanto si fa tardi e dobbiamo prenotare la cena per la sera. Il tizio dell'albergo ci consiglia un paio di posti. Uno è già tutto prenotato (anche per la sera seguente). Ne troviamo un'altro, molto bello il Zur Kupferpfanne, un ristorante che è anche un piccolo museo dove ci sono foto e cimeli dell'epoca coloniale tedesca. Il ristorante è gestito da un signora bianca dall'aspetto decismente teutonico, oserei dire prussiano. La cameriera di colore che è affidata al nostro tavolo è molto simpatica e ci porta il menu... in tedesco!!! Guardando bene mi accorgo che ad ogni pagina in tedesco c'è n'è un'altra in inglese, meno male... Gli avventori del ristorante sono tutti bianchi e parlano in tedesco, Swakopmund è un pezzo di Germania trapiantato in Africa. Decidiamo di mangiare pesce, perchè a Swakopmund si mangia pesce e perchè sono giorni che mangiamo solo carne. Ci prendiamo un antipasto di ostriche (sei a testa) un bel piatto pesce misto, dolce, acqua e due bottiglie di spumante. Il tutto per poco più di 500 $ Namibiani (circa 50 Euro) in quattro.


10 agosto 2007

Alberto e Luana sono partiti per l'escursione in mare mentre io e Gianni andiamo un po' in giro per la città. Swakopmund è un posto straordinario, ancora una volta la Namibia riesce a sorprenderci. Il giorno prima ci trovavamo immersi nelle sabbie del deserto e ora ci troviamo nel bel mezzo di una città prussiana di fine '800. I palazzi della città mantengono integralmente l'architettura coloniale tedesca, bellissimo il vecchio faro nonchè la prigione. Non mancano luoghi di interesse come il museo dei trasporti, un rettilario (un po' spartano) e l'acquario.
Abbiamo fatto la spesa. I supermercati sono rifornitissimi, il reparto macelleria è un vero e proprio Paradiso per gli amanti della carne.
Alla sera siamo tornati al solito ristorante e poi abbiamo fatto quattro passi. La città è davvero sicura e si può girare tranquillamente a piedi fino a tardi.